Pubblicato da: zoris | 24/06/2008

Avvocato o avvocata?

Fin da ragazzo ho avuto una passione per i dizionari (che stramberia, direte): il fatto che quel ponderoso volume registrasse tutte le parole della lingua mi affascinava, quel libro mi sembrava uno scrigno magico contenente tutte le meraviglie del mondo. Immaginate la delusione quando poi scoprivo che non era vero. Ricordo che alla scuola media ci fecero comprare un dizionario che nella prefazione affermava che nel volume erano state accuratamente espunte tutte le parole oscene e blasfeme: forse l’unico caso in cui un autore si vanti dell’incompletezza della propria opera. Mi viene in mente l’aneddoto attribuito a Samuel Johnson, autore di un dizionario della lingua inglese: quando alcune devote vecchie signore si congratularono con lui perché non vi aveva incluso le parole indecenti, rispose sarcasticamente che era felice di constatare che le avevano cercate.
Per me un dizionario deve soprattutto servire a chiarire eventuali dubbi circa l’uso corretto dei vocaboli e delle locuzioni. Non approvo quindi la tendenza che si riscontra in recenti opere lessicografiche che spesso si mostrano quasi timorose di segnalare le forme errate o comunque da evitare, in omaggio al principio, a mio parere discutibile, che error communis facit ius.
Accade spesso che, dopo aver consultato un dizionario per chiarirsi un dubbio, se ne sappia quanto prima.
Faccio un esempio. Ho consultato il Vocabolario della lingua italiana edito dall’Istituto della Enciclopedia Italiana (il cosiddetto Treccani) per sapere se una donna che eserciti la professione legale debba essere chiamata avvocato, avvocata oppure avvocatessa. Il dubbio nasce dal fatto che spesso viene usata la forma maschile anche per le donne. Il Vocabolario dice: «il femminile avvocatessa indica la donna che esercita l’avvocatura (nell’uso giuridico è indicata però col maschile).» Ma che cos’è l’uso giuridico? Il vocabolario non lo spiega. Se incontro per strada la professionista che mi sta difendendo in una causa, devo dire «Buon giorno avvocato, oppure avvocatessa»? Il vocabolario non mi aiuta. Secondo la spiegazione del vocabolario, se mia moglie esercita l’avvocatura, rispondendo al telefono devo dire «l’avvocato non c’è» se sta chiamando un giudice (uso giuridico), mentre devo dire «l’avvocatessa non c’è» se sta chiamando la sarta (uso non giuridico): una palese assurdità. Inoltre il vocabolario non spiega, nel caso si usi la forma maschile per la donna, come devo fare l’accordo grammaticale: devo cioè dire «l’avvocato è arrivato» oppure «l’avvocato è arrivata»?
Dato che piaccia o non piaccia la lingua italiana ha il genere femminile, a me sembrerebbe preferibile la forma avvocata, che però secondo il vocabolario Treccani è attributo della Madonna. E con ciò? Anche i vocaboli madre, santa, vergine vengono attribuiti alla Madonna, il che non impedisce di usarli anche in altri contesti.
La stranezza è che le dirette interessate sembrano preferire il maschile, con buona pace delle battaglie femministe. Non capisco perché l’avvocata, la direttrice, la ministra debbano, almeno grammaticalmente, cambiare sesso e diventare avvocato, direttore, ministro, mentre lo stesso non avviene per la bidella, la cameriera, la maestra, ecc.
A proposito di ministro, tempo fa sul Corriere ho letto la frase «…è di tale evidenza che la stessa ministro Prestigiacomo…», che mi sembra faccia a pugni non solo con la grammatica ma anche con la logica e il buon senso. Nessuno infatti direbbe «la sentinella si è addormentato» anche se la sentinella si chiamasse Mario Rossi.
Continuando di questo passo non è improbabile che leggeremo frasi del tipo: ieri il direttore ha dato alla luce un bel bambino, il redattore capo è convolato a nozze con il ministro dell’innovazione.


Risposte

  1. bravo! bell’articolo!

  2. Io studio Pianificazione quindi questa non è materia mia, ma sono pienamente concorde con quanto detto sopra e mi viene da chiedere: che fine hanno fatto i nostri accademici? Stiamo di fronte ad una lingua che sta smarrendo la strada in balia delle mille rotte che alcuni giornalisti e politici e presunti dottori i quali oltre a spiegare le cose che sanno dovrebbero imparare la loro lingua, ci hanno così portato in una selva di illogicità. Intervengano una volta su tutte su quali dovrebbero essere le regole, sull’indicare almeno alle categoria di lavoratori sopra menzionati il corrispettivo italiano delle parole inglesi!
    Auguriamoci poi che se lo fanno lo facciano dando una logica alla lingua.
    Insomma lontano da me pensare ad una lingua matematica… però il latino si studia spiegandoci che è una lingua che aiuta la logica, il tedesco pure, quindi non è banale dire di fare regole logiche: noi invece in italiano non si sa più come parlare addirittura c’è chi si inventa (la treccani? Mamma mia!) avvocatessa (?), ma come il femminile dei sostantivi in o non esce in a, continuando di questo passo arriveremo a dire anziché amiche amice o meglio ancora friends così non facciamo il torto a nessuno dei due sessi.

  3. complimenti per l’articolo.
    Mi chiedo: sei, per caso, un giudice del TRibunale di Palermo?
    ce n’è uno che chiama “avvocata” tutte le avvocatesse o avvocate o “avvocati donne” .
    suona un pò male (non si può non pensare all’ave regina), ma dà l’impressione di averci riflettuto un pò.

  4. Le spiritose frasi “ieri il direttore ha dato alla luce un bel bambino, il redattore capo è convolato a nozze con il ministro dell’innovazione.” potrebbero in effetti avere ormai un senso nella nostra società, soprattutto la seconda. Per quanto riguarda la prima, conosco solo un esempio vivente di uomo (così pare) che abbia dato alla luce ben due figli in America!

  5. Immaginate per uno straniero che per una semplice parola ha dovuto trattenere il testo per piu’ di dieci-quindici minuti prima di consegnarlo. E comunque non sono riuscita a pacificarmi con nessuna delle due varanti.


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