Pubblicato da: zoris | 14/05/2008

Un’occasione sprecata

Oggi è il 14 maggio 2008, 60° anniversario della proclamazione dello stato d’Israele.
Stanotte ho fatto un sogno e, come dice Renato Fucini in un suo sonetto, “mi pareva, da tanto ch’era bello, di sognare”. Ecco il sogno: «Era il 14 maggio 1958, e in Palestina si festeggiava il decimo anniversario della proclamazione dei due stati: quello ebraico e quello arabo. Tutti i giornali ricordavano come subito dopo la proclamazione dello stato israeliano, anche i palestinesi, malgrado l’opposizione di alcuni stati arabi, avevano accettato la risoluzione dell’ONU e avevano proclamato il loro stato. Ora quella che dieci anni prima era una zona quasi desertica, con un’economia tra le più arretrate, era diventata un giardino fiorito con un’economia in forte espansione e un tasso di accrescimento del PIL tra i più elevati. L’intelligenza e l’operosità degli israeliani unitamente all’intelligenza e all’operosità degli arabi palestinesi, avevano creato il miracolo di una collaborazione nell’area a prima vista impensabile. I due stati, dopo un primo periodo di diffidenza, avevano iniziato un cammino comune, con intensi interscambi, e il fiorente sviluppo economico dell’area con il conseguente aumento del benessere dei cittadini aveva messo in minoranza i fondamentalisti dell’uno e dell’altro campo che pure avevano cercato di minare le basi di quella che era ormai una pacifica e consolidata convivenza.»
Poi mi sono svegliato. Spesso si rimprovera allo stato di Israele di non obbedire alle risoluzioni dell’ONU, ma si dimentica (o si fa finta di dimenticare) che è stata proprio la mancata accettazione da parte dei palestinesi e degli stati arabi della spartizione della Palestina stabilita dall’ONU l’occasione sprecata che ha forse impedito che si verificasse quanto da me sognato. Molti giovani che manifestano contro Israele e a volte ne bruciano la bandiera forse ignorano che all’indomani della proclamazione dello stato ebraico, gli eserciti di Egitto, Siria, Libano, Iraq e Transgiordania lo attaccarono con il proposito di eliminarlo, ma furono sconfitti.
E’ vero che la storia non si fa con i se, tuttavia è lecito rammaricarsi per ciò che sarebbe potuto accadere e non è invece accaduto: se si potesse tornare indietro, c’è qualche palestinese che non pensi sarebbe stato meglio accettare la creazione dei due stati?
Chi rimprovera Israele per gli errori commessi dovrebbe farsi la domanda: li avrebbe commessi se gli stati arabi avessero accettato la risoluzione dell’ONU? Le successive guerre scaturite da questa situazione hanno purtroppo reso molto difficile la soluzione del problema, anche perché ora che tanto sangue è stato versato, è facile per i fondamentalisti religiosi che purtroppo esistono in entrambi gli schieramenti assumere un atteggiamento intransigente che vanifica ogni tentativo di pacificazione. I fondamentalisti israeliani si rifanno alla Bibbia e sostengono che dio ha destinato la Palestina agli ebrei, quelli arabi si rifanno al Corano e vogliono addirittura la sparizione dello stato ebraico.
Il giornalista inglese Christopher Hitchens scrive nel suo libro “Dio non è grande. Come la religione avvelena ogni cosa”: «Una volta a New York sentii un discorso di Abba Eban, ex-ministro degli esteri israeliano. La prima cosa che saltava agli occhi nel conflitto israelo-palestinese, disse, era la facilità della sua soluzione. Due popoli all’incirca della stessa consistenza rivendicavano la medesima terra. La soluzione era, ovviamente, di creare due stati, uno a fianco dell’altro. Era così difficile da capire una cosa tanto evidente? Sarebbe stato certamente così, decenni fa, se fossero stati tenuti fuori dalla faccenda rabbini messianici, mullah e preti. Ma la pretesa esclusiva a un’autorià conferita da dio, avanzata dal clero fanatico di entrambe le parti in causa ulteriormente alimentata da cristiani, ha reso intollerabile la situazione.»
Ciò dimostra come sia errato affrontare i problemi che la complessità del mondo moderno ci presenta, sulla base di libri scritti decine di secoli fa, per situazioni completamente diverse, che si prestano a interpretazioni spesso contraddittorie, e che ciascuno considera la parola del proprio dio.


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