Pubblicato da: zoris | 26/03/2016

Se stessi…

Una delle regole più stupide della grammatica italiana è quella secondo la quale il pronome quando è seguito dall’aggettivo dimostrativo stesso (o dalle forme flesse stessa, stessi, stesse) si può scrivere senza l’accento in quanto in questo caso non sarebbe possibile confonderlo con la congiunzione se.

Ma è una regola assurda: sono infatti molti i vocaboli che prendono l’accento per distinguerli dagli omofoni, per es. la (articolo e pronome) da (avverbio di luogo); di (preposizione) da (nome), ne (pronome o avverbio) da (congiunzione) etc.

Per coerenza quindi “io vado là” , “notte e dì”, “né caldo né freddo” si dovrebbero scrivere senza accento perché in questi casi non ci sarebbe ambiguità.

Mi sono divertito a consultare alcune grammatiche, e ne è venuto fuori un bizzarro florilegio di opinioni. Ne cito alcune.

Giampaolo Salvi e Laura Vanelli: Nuova grammatica italiana (il Mulino, 2004, p. 187): «: quando il riflessivo è accompagnato da stesso, nella grafia non viene indicato l’accento: se stesso».

Max Bocchiola e Ludovico Gerolin: Grammatica pratica dell’ITALIANO (Hoepli 1999, p. 145): «Le grafie accentate sé stesso e sé medesimo sono altrettanto corrette (sic)»

Cecilia Adorno: La grammatica italiana (Bruno Mondadori 2003, p. 70): non indica la regola, ma vi si trova questo esempio: lui giudica se stesso (senza accento).

Federico Roncoroni: Grammatica essenziale della lingua italiana, p. 18 la fa più complicata: «Il pronome può perdere l’accento quando è seguito da stesso: se stesso. Nell’italiano contemporaneo ciò avviene comunemente, ma i grammatici suggeriscono di conservare l’accento nelle forme plurali, perché se stessi e se stesse potrebbero essere confusi con se (io) stessi e se (egli) stesse

Pietro Trifone e Massimo Palermo: Grammatica italiana di base (Zanichelli 2007, p. 28): dicono che vale la pena di accentare sempre il pronome, ma nello stesso tempo affermano che le grafie se stesso e se medesimo sono accettabili, senza però spiegare perché non sarebbero allora accettabili per es. ne caldo ne freddo (senza accenti).

Per fortuna ci sono anche grammatici che ragionano, come Aldo Gabrielli che ne parla come «una delle regole fasulle più dure a morire» (Il piacere dell’italiano, Mondadori 1999, p. 111) e Luca Serianni che definisce la regola «un’inutile complicazione» (Italiano, Garzanti 1997, p. 589). Luciano Satta dopo aver osservato che la regola non è molto intelligente, conclude che l’unica cosa sensata sia accentare sempre il pronome (La prima scienza, D’Anna, p. 250).

Non è poi del tutto vero che le espressioni se stessi e se stesse non possano essere ambigue: per es. la frase «se stessi offendendo, sbaglierebbero a sorvolare» si potrebbe prestare a interpretazioni diverse. Anche il titolo di questo articolo risulta ambiguo se si osserva la bizzarra regola.

Purtroppo sembra che scrittori ed editori si siano affezionati alla regola, che paradossalmente è una delle più rispettate: non è raro imbattersi in un articolo di giornale in cui in una riga compare il accentato e qualche riga dopo un se stesso senza accento, quasi che l’autore volesse dire «avete visto che so la famosa regola che prescrive che se stesso non si accenta?».

Poi magari nello stesso articolo si trovano perle del tipo accellerare, complementarietà, italiani e non, un pò,, senonché, questo é vero, intravvedere, un mass media, la ministro è arrivata, lungo 30 mt., noi insegnamo, onde permettere, si è appropriato del bottino, il più intimo amico, più estremo, di questo ne ho parlato, un silos, ci sono due alternative, il giudice ha comminato un anno di carcere, Kwh (invece di kWh, un caso da Guinness dei primati: due errori in una sigla di tre lettere).


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