Pubblicato da: zoris | 06/11/2010

Il tedesco è più preciso?

Tempo fa, in un articolo pubblicato dal Corriere della Sera (“Apri il dizionario, troverai l’anima. Dei tedeschi”) Isabella Bossi Fedrigotti affermava che «la lingua tedesca… è infinitamente (sic!) più precisa dell’italiano».
Io le scrissi mettendo in dubbio tale affermazione, con gli argomenti qui di seguito esposti, ma la giornalista, invece di confutarli con controargomentazioni, mi rispose che si era limitata a esporre le teorie del libro “Piccolo viaggio nell’anima tedesca” di Vannuccini e Pedrazzi, e mi invitava a rivolgermi alle due autrici. Cosa che feci, ma le due autrici, non so se per mancanza di cortesia o di argomenti, non mi risposero.
In realtà però la giornalista non si era limitata a esporre le teorie delle due autrici, ma in un certo senso le aveva fatte proprie. L’articolo infatti iniziava così:

«La lingua, si sa, è il primo e più immediato specchio di un popolo e, a chi la sa leggere, fedelmente ne restituisce i tratti, lo spirito, l’ identità. Nessuna meraviglia, dunque, se la lingua tedesca, grazie ai circa centomila vocaboli in più dei quali dispone, è infinitamente più precisa dell’ italiano: è risaputo, infatti, che, al di là dei luoghi comuni, è appunto la precisione – o la sua mancanza – che fa la differenza tra tedeschi e italiani.»

e solamente nel seguito dell’articolo veniva citato il libro.
Se un giornalista scrivesse: «…poiché com’è noto padre Pio aveva la facoltà della bilocazione…» non potrebbe poi rispondere alle eventuali obiezioni: «l’ho letto nell’Osservatore Romano». Da una professionista come la Bossi Fedrigotti non me l’aspettavo.
Ma la lingua tedesca è veramente più precisa dell’italiano? Vediamo.
Nell’articolo si afferma che «noi dobbiamo andare a piedi, in auto, in treno o in nave, sempre usando il medesimo verbo, mentre loro hanno a disposizione due termini diversi, «gehen» e «fahren» a seconda se procedono con le proprie gambe oppure trasportati da un mezzo.»
Questo esempio non dimostra nulla: è noto infatti che ogni lingua possiede caratteristiche e peculiarità che la differenziano dalle altre, e benché possa accadere che una lingua usi lo stesso vocabolo dove un’altra ne usa due, ciò non significa che in altri casi non possa invece accadere il contrario. Per esempio ai due vocaboli italiani sonno e sogno corrisponde l’unico vocabolo spagnolo sueño: signfica che l’italiano è più preciso dello spagnolo? Certamente no: in italiano diciamo io sono avvocato, io sono stanco, usando lo stesso verbo per indicare sia una condizione duratura sia una transitoria, mentre lo spagnolo in questo caso è più preciso e dice soy abocado (condizione duratura), ma estoy cansado (condizione transitoria).
Tornando all’esempio addotto per dimostrare come il tedesco sarebbe più preciso, ricordo che anche in italiano invece di «andare in auto, in treno» posso «viaggiare in auto, in treno». Analogamente al posto di «andare in nave, in aereo» posso usare i verbi «navigare» e «volare».
Nell’articolo si aggiunge: «E, come se non bastasse, per l’andare a piedi possono (i tedeschi) ricorrere anche a «schreiten», «wandern» e «laufen» a seconda del tipo di strada che percorrono e del ritmo dei loro passi». Come se l’italiano non avesse i verbi «incedere, vagabondare, correre» che appunto corrispondono ai tre verbi tedeschi; senza contare tutti gli altri vocaboli che possono esprimere i diversi tipi di andatura, per esempio: camminare, vagare, avanzare, pellegrinare, errare, gironzolare, girare, girovagare, girellare, ire, arrancare, ambulare, deambulare, passeggiare, procedere, marciare, saltellare, trascinarsi, caracollare, scorrazzare, trotterellare e così via.
Né è esatto affermare che gehen in tedesco si possa usare solo per l’andare a piedi. Le frasi seguenti sono perfettamente lecite in tedesco:
“Dieser Zug geht nur bis Zürich” (questo treno arriva solo fino a Zurigo);
“Wann geht das nächste Flugzeug nach Frankfurt?” (quando parte il prossimo aereo per Francoforte?)
Tra l’altro in questi due esempi il tedesco usa lo stesso verbo dove l’italiano ne usa due: in questo caso dunque l’italiano è più preciso!
E si possono fare altri esempi:
“Im Fasching gehe ich dieses Jahr als Indianer” (quest’anno a carnevale mi travestirò da indiano)
“Geh nicht an meinen Computer wenn ich nicht da bin” (non usare il mio computer quando non ci sono)
“Der Tisch geht nicht durch die Tür” (il tavolo non passa dalla porta)
“Das Wasser geht mir bis zum Knie” (l’acqua mi arriva al ginocchio)
Come si vede in questi esempi al generico verbo gehen usato in tedesco corrispondono in italiano i verbi specifici travestirsi, usare, passare, arrivare, con buona pace dell’asserita maggiore precisione del tedesco.
Faccio un altro esempio. Prendiamo i due verbi italiani “attendere” e “aspettare”. Com’è noto “attendere” implica il gradimento di ciò che si attende, per es. “la mamma attende il ritorno del figlio”; Dante, quando prega Virgilio di concedergli di ascoltare da Ulisse il racconto della sua avventura, dice: «maestro, assai ten priego / e ripriego, che il priego vaglia mille, / che non mi facci dell’attender niego» (Inf. XXVI, 65-67); Madama Butterfly sospirando il ritorno dell’amato canta: «e non mi pesa la lunga attesa». Al contrario si “aspetta” desiderando però che l’oggetto aspettato non venga, per es. «chi la fa l’aspetti!»; «c’era da aspettarselo»; «la moglie attende l’amante perché non aspetta il marito»; Manzoni quando descrive l’incontro di don Abbondio con i bravi: «Il curato, voltata la stradetta, … vide una cosa che non s’aspettava, e che non avrebbe voluto vedere.» (Promessi sposi, cap. I). Anche se non sempre lo stesso Manzoni rispetta la distinzione di significato tra i due verbi: quandoque bonus dormitat Homerus.
In tedesco invece lo stesso verbo “erwarten” può essere usato sia che l’oggetto sia desiderato o no; per es. «das war zu erwarten» (c’era da aspettarselo), ma «ich kann es kaum erwarten» (non vedo l’ora di…).
Si potrebbe obiettare che non tutti (anche tra gli scrittori) rispettano la distinzione tra aspettare e attendere, e che l’uso percepisce ormai i due verbi quasi come sinonimi, uso ormai accolto da molti dizionari sulla base del discutibile principio: error communis facit ius. Ma allora, reciprocamente, si deve riconoscere che non tutti i tedeschi adoperano i vocaboli in più che la loro lingua avrebbe rispetto all’italiano.
Ortega y Gasset afferma che in arabo ci sono centinaia di vocaboli per designare il cammello: dobbiamo per questo dire che l’arabo è più preciso?
Quanto al numero di vocaboli delle maggiori lingue europee, Beppe Severgnini (nel libro “L’Inglese”, BUR 1997, pag. 33) fornisce questi dati: per l’inglese, l’Oxford English Dictionary avrebbe circa 500.000 lemmi; il tedesco avrebbe 185.000 vocaboli, l’taliano circa 150.000, il francese meno di 100.000. Quindi il tedesco avrebbe solo 35.000 (e non centomila) vocaboli in più dell’italiano, ma ne avrebbe oltre trecentomila meno dell’inglese; se anche fosse vero, credo che nessun tedesco accetterebbe l’affermazione che l’inglese sarebbe più preciso
Peraltro a mio parere la precisione non è delle lingue, ma delle persone che quelle lingue adoperano.
E’ senza dubbio una trovata efficace l’incipit del libro di Vannuccini e Pedrazzi, dove si afferma che una parola come Schadenfreude non c’è nelle altre lingue. In realtà in italiano si potrebbe tradurre gioia maligna. Gli inglesi lo traducono malicious pleasure, i francesi joie maligne, e mi sembra che più o meno siano la stessa cosa.
Le due autrici sostengono che le altre lingue non hanno una parola come Schadenfreude perché viene tradotta con due parole invece di una, ma in realtà anche il vocabolo tedesco è formato dalle due parole Schaden e Freude.
Mi viene subito in mente un controesempio: cotone in tedesco si dice Baumwolle, vocabolo composto da due parole Baum (albero) e Wolle (lana): dobbiamo per questo dire che il tedesco non ha una parola per cotone? Forse diremo che l’inglese non ha una parola per dire innamorarsi perché ne usa quattro: to fall in love? Oppure che i francesi non hanno una parola per dire quadrifoglio perché dicono trèfle à quatre feuilles? Una palese assurdità.
Inoltre ogni lingua può avere una peculiarità in un certo ambito che la rende più flessibile di un’altra, ma non si tratta di superiorità, bensì di diversità. Severgnini (nel libro citato) afferma che l’inglese è “geniale”, giudizio senz’altro condivisibile, a patto che si dica che anche l’italiano è geniale, come pure il tedesco, il francese, e così via: ogni lingua infatti è geniale in un ambito diverso.
Il tedesco per esempio ha una grande facilità nella creazione di parole composte, anche da più di due elementi, che evita l’appesantimento derivante dall’uso di molte preposizioni, ma l’italiano ha una grande facilità nella creazione, con semplici suffissi, di accrescitivi, peggiorativi, diminutivi, vezzeggiativi; per es. da uomo posso derivare omino, ometto, omicino, omiciattolo, omettino, omettaccio, omone, omaccio, omaccino, omaccione, omarino, omuncolo. In tedesco per esprimere le stesse sfumature di significato (a parte “ometto” che posso rendere con Männchen) devo ricorrere a locuzioni oppure a vocaboli con radice diversa (per es. kleiner Mann, Dreikäsehoch, Knirps, Strichmännchen, Bulle, ecc.)
Alla luce di quanto sopra, mi sembra quanto meno azzardato affermare, come fa la giornalista, che la lingua tedesca sia «infinitamente più precisa dell’italiano»: in ogni caso quell’infinitamente è di troppo.


Risposte

  1. ti vorrei in un cassetto e tirarti fuori ogni giorno per ascoltarti un pò. prima busso. leggo il resto.

  2. Vedo solo ora questo blog…
    Sono bilingue. Parlo italiano e tedesco praticamente con la stessa facilità. Qualche volta mi esprimo leggermente meglio in una lingua, in altre occasioni governo meglio la lingua alternativa. Dipende un po’ dal tema e dalle esperienze lavorative ed esistenziali.
    Senza farla lunga, ritengo che l’italiano sia decisamente più preciso e anche più ricco del tedesco. L’idea che il tedesco sia molto più rigoroso nei significati è appunto solo un’idea, condizionata verosimilmente dalla costruzione sintattica e dalle molte parole composte.
    D’altronde, posso affermare che il tedesco – contrariamante a quanto si crede – è tendenzialmente più rapido dell’italiano. Occorrono un po’ meno parole e un po’ meno tempo per costruire un periodo.
    Personalmente, non baratterei la precisione con la rapidità. Intendo dire che se il tedesco sopravanza l’italiano per 5 punti in termini di potenza di fuoco, poi ne perde 10 in termini di precisione.

    Emilio


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